Juergen
mercoledì 27 aprile 2011
Oliveri e il Mercato Coperto
Juergen
martedì 26 aprile 2011
venerdì 15 aprile 2011
I nemici di Vittorio
di Pino Cabras – Megachip – ARTICOLO AGGIORNATO.
Non hanno nemmeno aspettato il farsesco ultimatum che avevano inscenato. Vittorio Arrigoni, un uomo mite e coraggiosissimo, è stato ucciso. Con il contrappasso del soffocamento dopo il contrappasso degli occhi bendati, per giunta: per dirci – a tutti noi che in tanti paesi del mondo perdiamo un fratello – che saranno soffocate le voci libere, i corpi che respirano, gli occhi che vedono e non nascondono.
Per chi ha studiato quali sono i veri obiettivi della galassia di terroristi più estremisti questa non può essere una sorpresa. La stessa Hamas era nata come creazione dell’intelligence israeliana, che voleva rendere permanente l’emergenza e dividere il campo palestinese, ma poi la creatura politica aveva seguito una traiettoria tutta sua che la rese irriconoscibile e meno malleabile. La fabbrica delle emergenze ha sfornato però nuovi prodotti, gruppuscoli sempre pronti ad alimentare la strategia della tensione, e con essa fomentare la totale militarizzazione dell’agenda politica.
Colpisce sapere ad esempio che Azzām al-Amrīki, Azzam l’Americano, l’«anchorman» bilingue di quei “video di al-Qa’ida” costruiti con la stessa cifra stilistica del video in cui compare Arrigoni nelle mani dei “salafiti”, si chiami in realtà Adam Pearlman, e sia nipote di uno dei più eminenti esponenti della lobby dei falchi filoisraeliani in USA.
Il potere nel mondo post 11 settembre si è giovato ampiamente del terrorismo come instrumentum regni. Ha fatto passi enormi nel distruggere un ordinamento giuridico internazionale che ammetteva norme non basate sul solo diritto di potenza, inquinare i punti di riferimento concettuali per la definizione di ciò che è aggressione o tirannia o resistenza, far abdicare gli Stati dalla difesa dei loro prevalenti interessi nazionali a vantaggio di una coalizione dominata da interessi imperialistici, condizionare l’economia – vicina a un baratro finanziario – entro la gabbia delle priorità militari.
Il lavoro di Vittorio Arrigoni nel decennio post 11/9 va nella dimensione “micro”: è azione concreta e locale, nella Gaza assediata e massacrata, nella prigione a cielo aperto più grande del mondo, nel tiro a bersaglio per droni, fra i pescatori che non possono pescare, i muratori che non possono edificare, i bambini che non si possono curare. Ma è anche azione globale, racconto, narrazione, rivendicazione della verità, pacata polemica nei confronti dei silenzi e delle menzogne politiche e mediatiche che hanno dato forza all’incubo militarista del Sionismo Reale. Aprirà bocca, vorrà dire qualcosa su Arrigoni quel Roberto Saviano che si accompagna ai falchi israeliani e alla Casta politica, al quale Arrigoni diceva: «scendi dal carro armato dei carnefici, e vieni ad abbracciare le vittime»?
Mentre tutto il Vicino e Medio Oriente è ora soggetto a un immenso scossone, ovunque, molti conti saranno regolati. I ponti, in guerra, sono i primi a saltare in aria. Appena il 4 aprile scorso era stato ucciso Juliano Mer-Khamis, il pacifista “al 100% ebreo e al 100% palestinese”. La morte terribile di Vittorio “Utopia” Arrigoni, come molti amavano chiamarlo, annuncia un tempo drammatico, annuncia una fase diversa della vita politica in un’area vasta del pianeta. Dovete sentirlo questo pericolo, e capire l’enigma delle parole semplici che ci lasciano gli uomini giusti: Restiamo umani. Restiamo umani. Restiamo umani.
Quelli che vogliono ammazzare i testimoni della strage
di Pino Cabras, Megachip – 13 gennaio 2009.
L’incitazione è esplicita: uccidere un gruppo di persone, con nome e cognome, abitudini e idee, appartenenze politiche e immagini facilmente identificabili. Chiedono la collaborazione di delatori per completare le liste con gli indirizzi. La schedatura è esplicitamente rivolta ai militari, quelli israeliani, se non ci pensano altri killer, per facilitarli nell’eliminazione fisica di “pericolosi” bersagli: i nemici da colpire sono gli attivisti occidentali – infermieri e altri volontari – che lavorano e sono testimoni di quanto succede nei Territori occupati.
Tutto questo lo potete leggere in un sito web, gestito da un gruppo di estremisti, una sorta di Ku Klux Klan ebraico americano: Stop the ISM. Può essere di interesse far notare che fra i bersagli c’è anche un cittadino italiano, Vittorio Arrigoni, di cui abbiamo letto i toccanti reportage da Gaza. Il tenutario del sito è Lee Kaplan.
Kaplan è uno dei tanti agitatori fascisteggianti della pancia reazionaria americana, un coagulo che ultimamente ha preso piede sia nell’ambito dei movimenti cristianisti, sia nelle frange del fondamentalismo ebraico, ora uniti in un inedito oltranzismo anti-islamico.
In USA la saldatura fra questi ambienti si è rafforzata, tanto che Kaplan talora ascende anche al salotto buono, si fa per dire, dei talk show con la bava alla bocca, su Fox News.
Ma si rafforza soprattutto in Terrasanta.
I fondamentalisti ebrei controllano gli insediamenti coloniali più estremisti dei territori (come già si leggeva in un libro di Israel Shahak e Norton Mezvinsky, Jewish fundamentalism in Israel, London, Pluto Press, 1999). I fondamentalisti cristiani li appoggiano per accelerare l’avvento dell’Armageddon, la lotta finale fra il Bene e il Male, che proprio da quelle parti dovrà svolgersi.
Forse per portarsi un po’ di lavoro avanti, il signor Kaplan lascia briglia sciolta al sito per sollecitare l’eliminazione di Arrigoni e altri. Non senza profetizzare che il governo italiano non si preoccuperà più di tanto se qualcuno provvederà all’auspicata «rimozione permanente» del nostro connazionale. Lo ripetiamo: questi auspici criminali non appaiono in un forum semiclandestino, ma in un sito accessibile gestito da un noto personaggio pubblico.
Ora, dal momento che anche le forze armate israeliane non vogliono testimoni nello scempio di Gaza, e il nostro mainstream si è subito docilmente accodato rispettando il divieto, siccome l’unica voce ci giunge da Arrigoni, in tal caso facciamo due più due e fiutiamo un grosso pericolo. Abbiamo visto che lì non si va per il sottile, se già vengono bombardati ospedali, ambulanze, scuole, e se si prende di mira qualunque soccorso.
Mentre la conta dei morti ammazzati a Gaza si avvicina a quota mille, accade una cosa singolare. Il cumulo di cadaveri non si può più nascondere sotto un editoriale di Bernard-Henry Lévy, l’uso di armi orrende – che un domani vedrete proibire – nemmeno. I giornali nostrani cominciano timidamente a parlarne. Ma non in prima pagina e in apertura, come abbiamo fatto già diversi giorni fa su questi schermi, ma a pagina dieci e in taglio basso. Nascondere non si può. Ma diluire, questo sì. E questo i nostri grandi organi di informazione lo fanno benissimo. In attesa di chissà cosa, un successo politico militare, una chimera, la fine di Hamas. A che prezzo? È in atto la censura più sottile, ma questa sottigliezza non la salva dall’essere accostata alla censura più violenta e più minacciosa, quella che vuole colpire chi vuole salvare il popolo palestinese dalla sua distruzione.
Tanti intellettuali italiani indicano inorriditi il dito insanguinato del Movimento di Resistenza Islamico (Hamas), ma non vedono la luna desolata degli altri fondamentalismi che egemonizzano sempre di più la classe dirigente israeliana. L’idea che le forze armate israeliane difendano i Lumi contro la barbarie è un ideologismo foriero di tragedie, dal quale è bene liberarsi con un’operazione onesta di ricognizione storica e politica della memoria mediorientale. Il racconto di quel che accade ora è un passo fondamentale, con tutti i testimoni da rispettare.
Pino Cabras – Megachip
giovedì 14 aprile 2011
giovedì 7 aprile 2011
lunedì 28 marzo 2011
Oliveri ed il gemellaggio:novità
domenica 20 marzo 2011
La fine della sovranità italiana
Escludiamo i motivi umanitari. Nicolas Sarkozy solo pochi mesi fa offriva aiuti militari a Ben Alì per soffocare nel sangue l’inizio della rivolta tunisina. David Cameron e Barack Obama non hanno mica bombardato i carri armati del re del Barhein, che invece continua a sparare sulla gente che protesta, mentre l’Onu dorme. Zapatero e Berlusconi non hanno offerto le loro basi per imporre un’urgente No Fly Zone sopra il cielo di Gaza mentre Israele bruciava la popolazione civile con il fosforo bianco e le bombe Dime. Piero Fassino, responsabile esteri del Pd, durante la strage di Gaza, esprimeva solidarietà a Israele. Nessuno convoca il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per ordinare lo stop ai droni di Obama che un giorno sì e l’altro pure fanno strage fra i civili in Pakistan. Gli esempi diventerebbero decine, a cercarli, ma la facciamo breve: le guerre non sono mai mosse da motivi umanitari. Le guerre “umanitarie” sono così umanitarie che bombardano gli ospedali, sempre. Stavolta persino dal primo giorno. I moventi, se non siamo gazzettieri a rimorchio delle bugie del potere, li dobbiamo cercare altrove. Suggerisco in proposito l’interessante lettura geopolitica offerta da Piero Pagliani, che racconta bene il ruolo cruciale della strategia africana degli Usa.
Perché l’Italia ha dunque scelto la guerra?
La Storia a volte si presenta con il volto dell’ironia e del paradosso delle date. Proprio appena passata la festa del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ossia un giorno che dovrebbe esaltare la sovranità nazionale, abbiamo fatto vedere al mondo che viceversa siamo definitivamente un paese senza sovranità, senza più i distinguo del passato, né le navigazioni ambigue democristiane, le fiammate di autonomia di certe nostre aziende, le impuntature di certi nostri apparati. Senza più la guardinga sottomissione atlantica di un tempo, quando si battevano lo stesso anche le strade sgradite a Washington, Londra e Parigi, in nome di interessi da non liquidare: in nome cioè di una sovranità limitata ma non azzerata. L’attacco alla sovranità della Libia coincide con la fine della sovranità italiana. Due piccioni con una fava, con la desolante complicità del sistema politico, dal Quirinale ai peones di Montecitorio, fino alle redazioni, con qualche spaesata eccezione.
Quali pressioni sono intervenute per spingere questa classe dirigente a non far più valere un trattato di fresca firma come quello fra Italia e Libia? Si tratta di pressioni enormi, in tutta evidenza. L’Italia ha rinunciato di colpo a ogni sua politica autonoma nel Mediterraneo, l’unico suo spazio agibile, e in campi cruciali: l’energia, l’immigrazione, l’influenza geopolitica. Prosegue (anzi, precipita) la linea di ritirata della nostra sovranità economica, lungo quello stesso tracciato che negli anni Novanta ha portato alle privatizzazioni selvagge e al vistoso declino della posizione italiana nella divisione internazionale del lavoro. Per entrare in Libia dovremo chiedere permesso ad altri soggetti.
Nel 1998, quando cadde il primo governo Prodi, il governo D’Alema si formò grazie a massicci via vai di deputati e senatori (da Cossiga a Cossutta), che spaccavano e ricomponevano i gruppi parlamentari: insieme garantirono agli Usa la stabilità di governo indispensabile per usare in tutta tranquillità le basi militari da cui partivano gli aerei anche italiani che pochi mesi dopo bombardarono la Jugoslavia. È un precedente che ci permette di leggere quanto è avvenuto recentissimamente. Non credo che il rientro sfacciato e perfino precipitoso nel Pdl da parte di decine di parlamentari che lo avevano abbandonato per il nuovo partito di Gianfranco Fini sia stato tutto frutto di una compravendita. È più probabile che molti siano stati soggetti a un contrordine, qualcosa che – superata la stoffa dei loro cappucci – dev’essere suonata più o meno così: “Non è più il momento di far cadere il governo, stiamo per fare una guerra in Libia; Silvio, che pure manderemo via, ora ci serve, e sarà ben contento di tirare a campare ancora, non è mica uomo di principio; fate la vostra parte”. E quelli hanno ottemperato alle loro Obbedienze. È gente con molto pelo sullo stomaco: al Caimandrillo concedono le acrobazie giudiziarie più indecenti; lui, in cambio, concede loro la guerra che piace colà dove si puote ciò che si vuole.
E mentre nel 1999 Cossutta faceva sì che in piazza non si facessero troppe manifestazioni contro la guerra, oggi non c’è più nemmeno bisogno di pompieri. La capacità di comprensione della situazione internazionale dell’elettorato di opposizione è stata nel frattempo desertificata. I partiti che ancora prendono i voti di questa opposizione sono invece seduti alla tavola di chi si è mangiato persino le vestigia della sovranità nazionale. Un Paese così decapitato sarà più esposto alle tragedie di una transizione geopolitica che si presentava già difficilissima.
venerdì 4 marzo 2011
Oliveri e...il ristorante

Preso da altri impegni, sto aggiornando il blog non piu' assiduamente come prima.
mercoledì 23 febbraio 2011
domenica 20 febbraio 2011
Nel 150° dell'Unità Italia
giovedì 17 febbraio 2011
Di cosa ci dobbiamo vergognare
Oltre un milione di donne sono scese in piazza, e non solo donne, mobilitate per difendere i loro diritti e la loro dignità.
Che tristezza!
Sono bastate tre veline dei servizi e tre settimane di propaganda sui giornali per muovere la massa.
Mai vista una tale mobilitazione, anche per altri e ben più gravi problemi.
Non per la sentenza della Corte Costituzionale che stabilisce che si possono violare i diritti umani di cittadini o gruppi di cittadini e poi coprirli con il segreto di stato; non per la depenalizzazione del colpo di stato; non per aver ceduto la sovranità del popolo ad un organo sovranazionale ed autoreferenziale, ecc..
“Se non ora quando”. A questo grido le donne sono scese in piazza chiedendo le dimissioni di Berlusconi. “Offende l'Italia” si grida nelle piazze. Eh si, offende l'Italia il fatto che il Presidente del Consiglio possa essere indagato per favoreggiamento della prostituzione minorile.
L'Italia invece non si è sentita minimamente offesa …
… dalle indagini che ipotizzavano nei suoi confronti i reati di:
corruzione giudiziaria,
finanziamento illecito ai partiti,
falso in bilancio,
corruzione,
falsa testimonianza,
appropriazione indebita,
frode fiscale,
traffico di droga,
concorso in strage (1992-1993),
concorso esterno in associazione mafiosa,
abuso d'ufficio,
concussione aggravata e minaccia....
Per questi reati no. Nessuno è sceso in piazza.
L'essere indagato per questi "reatuccci" non offendeva la dignità della nostra nazione, assolutamente no. Ma l'aver sollazzato il suo real augello con donne consenzienti, questo si, ci offende profondamente.
Non è così. La nostra dignità di donne è stata offesa, e viene offesa quotidianamente, da quelle donne, e sono tante, che litigano per poter andare alle feste di Berlusconi, che sono pronte a qualsiasi acrobazia erotica pur di poter ottenere ciò che non meritano. Berlusconi, come qualsiasi uomo potente, è assediato da donne che sperano di infilarsi nel suo letto per ottenere vantaggi e favori, non ha alcun bisogno di pagarle. Ne approfitta? Probabilmente. Potrebbe astenersi? Si. Il problema è che il presidente Berlusconi le inserisce nelle liste elettorali o a sedere sui banchi del parlamento? Abbiamo avuto, ed abbiamo, “onorevoli” ben più impresentabili, uomini con condanne definitive per reati gravissimi. Ma di più, abbiamo avuto sette volte presidente del Consiglio, otto volte ministro della difesa, cinque volte ministro degli esteri, ecc..Giulio Andreotti che una sentenza passata in giudicato ha riconosciuto reo di "concreta collaborazione" con esponenti di spicco di Cosa Nostra fino alla primavera del 1980.
Le donne che si offrono quotidianamente a Berlusconi non sono donne alla fame che devono piegarsi ai desideri del premier per poter mangiare. Non sono vittime, anzi. Ed è bene che questo sia chiaro a tutti.
Se c'è qualcuno che offende e calpesta la dignità delle donne sono proprie le donne. Noi ci siano offerte come merce, noi abbiamo fatto a gara per spogliarci sempre di più davanti a calendari, televisione, pubblicità. Noi corriamo a farci rifare le labbra a “canotto” e non certo perché siano belle, ed eleganti (non a caso quando una persona è elegante si dice: quella persona è fine). Le labbra a “canotto” hanno un solo messaggio da inviare al maschio che incontrano, e non è certo quello di trasmettergli la sensazione che da quelle labbra possano uscire discorsi colti ed intelligenti!
Ma il problema è un altro, ed è ancora più grave. Siamo noi. I problemi che abbiamo sono gravissimi ma, davanti a qualsiasi violenza o abuso (i nostri diritti costituzionali vengono calpestati dal governo e dalla comunità europea ogni giorno) restiamo immobili. Poi arriva un burattinaio che, attraverso una campagna mediatica e manipolando le nostre frustrazioni, ci fa scendere in piazza in oltre un milione non per difendere il nostro diritto lavoro, alla salute, all'istruzione, alla giustizia, ma alla dignità delle donne.
E' di questo che, davanti agli occhi del mondo, ci dobbiamo vergognare.
Solange Manfredi
Dal Blog di Paolo Franceschetti
sabato 12 febbraio 2011
sabato 29 gennaio 2011
Culo flaccido
lunedì 3 gennaio 2011
Oliveri:
venerdì 31 dicembre 2010
giovedì 30 dicembre 2010
Brindisi amari
domenica 26 dicembre 2010
Richard Gavin Bryars è un compositore inglese. Una volta stava girando per Londra con un registratore in cerca di suoni per un programma della BBC. Si imbattè in un barbone forse ubriaco che trascinava ripetitivamente tra i pochi denti una canzoncina. Non era proprio una canzoncina. Una specie di canto religioso: diceva “Il sangue di Gesù non mi ha mai tradito finora”, e lo ridiceva, e lo ridiceva. Bryars si portò a casa il suo nastro e lo tenne lì. Ogni tanto lo riascoltava e ci pensava su.
giovedì 23 dicembre 2010
L'abbiamo scampata bella ...finora.

Prima di salutarci per le vacanze di Natale, con gli auguri di rito come si conviene, trovo utile postare un articolo di Movisol che condivido nella sua interezza.
Fallisce in Italia il "golpe dei banchieri"
22 dicembre 2010 (MoviSol) - Se il 14 dicembre governo italiano avesse perso il voto di sfiducia, con tutta probabilità l'Italia non avrebbe oggi un Presidente del Consiglio migliore dell'impresentabile Berlusconi, ma si ritroverebbe con un "governo dei banchieri" presieduto da Mario Draghi – il capo del Financial Stability Board dalla querela facile contro coloro che lo chiamano "Mr. Britannia". Infatti, l'opposizione si è presentata al voto di sfiducia senza una strategia politica o economica unitaria, e senza alternativa visibile a Berlusconi.
L'alternativa era nascosta. Se la sfiducia fosse passata, la crisi di governo avrebbe scatenato le pressioni speculative, compresa una possibile retrocessione nel rating, e si sarebbe determinata la situazione di emergenza che avrebbe dettato l'arrivo di Draghi sul cavallo bianco a Palazzo Chigi, per somministrare una cura da "lacrime e sangue" come tagli alle pensioni, privatizzazioni e blocco dei salari, come richiesto dai bankers per puntellare il sistema dell'euro.
Draghi aveva esposto il suo programma in un'intervista nella sede delFinancial Times, a Londra, il 10 dicembre, suggerendo una terapia da applicare a tutti i paesi dell'Eurozona, analoga al "piano di rigida austerità fiscale" che egli aveva contribuito a somministrare all'Italia con i governi tecnocratici all'inizio degli anni novanta.
Ora però, Draghi e la "Britannia faction" devono attendere un altro giro.
Nonostante avessero la maggioranza sulla carta, Fini e l'opposizione hanno perso per una manciata di voti, prendendosela con chi si sarebbe fatto comprare da Berlusconi. Il mercato delle vacche in occasione di voti di decisiva importanza è vecchio quanto il Parlamento, e non si può gridare allo scandalo. E non si può dar torto all'on. Catia Polidori, che ha motivato il suo dissenso dal gruppo finiano di cui faceva parte, con la necessità di garantire stabilità politica all'Italia in un momento di turbolenza finanziaria globale, soprattutto nel contesto di cui sopra.
È vero comunque che pur avendo vinto la fiducia, il governo Berlusconi non ha conquistato la stabilità. Mentre la politica spinge verso elezioni anticipate, una strada alternativa e migliore per il paese sarebbe di costruire una larga maggioranza basata su una "exit strategy" dal sistema dell'euro che sta "stringendo il cappio attorno al collo" del paese, nelle parole del prof. Savona.
Vedi anche:
1. Paolo Savona chiede l'uscita dell'Italia dall'euro (17 novembre 2010 )
2. In arrivo il governo dei banchieri? (17 novembre 2010)
3. No al governo dei tecnici e delle banche! (28 agosto 2010)
4. L'antidittatore del Bunga Bunga (13 dicembre 2010 )
5. Tremonti: Geithner ha respinto un nuovo trattato di Bretton Woods
(29 gennaio 2010)
6. Il Senato chiede la riorganizzazione fallimentare: il Governo frena
(26 febbraio 2009)
7. VIDEO: "The Britannia Crowd in Italy" con sottotitoli in italiano sul contesto strategico dello scontro tra Tremonti e Draghi (30 dicembre 2008)
8. Effetti delle iniziative di Tremonti sulla scena internazionale
(8 luglio 2008)
www.movisol.org
mercoledì 22 dicembre 2010
Oliveri: rimodulazione del verde pubblico

Ieri sera,la follia di scena al...Senato
Ieri sera,in Senato, il disegno di legge:" scritto coi piedi" (leggi qui) unito a diversi clamorosi errori di inesperienza e incompetenza ha prodotto questo risultato (guarda il video sotto)
Maurizio Pirrotti
domenica 19 dicembre 2010
Oliveri: la canzone del "pitosforo" e il morbo del "diserbante"
Gli alberi fanno le...radici.
Le radici degli alberi divellono i marciapiedi.
Le radici degli alberi scardinano il manto stradale.
Le radici degli alberi entrano...nelle case.
Le radici degli alberi sfondano le tubature.
Le radici degli alberi scassano le fognature.
E poi: gli alberi...sporcano etc.etc.
Tutte motivazioni usate per giustificare l'ecatombe di alberi che ad Oliveri è in atto da quasi dieci anni!
Ok.
Ma di quale colpa grave si erano macchiati i pitosfori della piazzetta antistante il Municipio?
Boooh!!
Maurizio Pirrotti
Lo si potrebbe definire:"Il morbo del diserbante"
La malattia si trasmette da un' amministrazione comunale ad un' altra.
Da quasi dieci anni.
Non si sa come avviene il contagio.
Sconosciute al momento, le cure.